Nel lontano 1924,
allora bambino, facevo il tifo per Girardengo, <<l’omino di Novi
Ligure>>.
Il suo rivale, Belloni, passò alla storia del ciclismo come
<<l’eterno secondo>>. Fra le tante corse vinte da Girardengo le più
note, oltre ai giri d’Italia, furono le tante Milano – Sanremo. Mi pare di
ricordare che Girardengo, dopo la sesta ed ultima partecipazione alla corsa,
sia stato squalificato per aver vinto, ma percorrendo un tracciato diverso da
quello prefissato. Suoi rivali stranieri furono i fratelli Pelissier, francesi.
Girardengo vinse anche il Gran Premio
Volber, una gara considerata come il campionato del mondo.
Un altro grande
campione della bicicletta d’altri tempi fu Alfredo Binda, il tre volte campione
del mondo e vincitore di numerosi giri d’Italia. La sua superiorità era tale
che nessun atleta poteva competere con lui al punto che per ridare interesse al
giro d’Italia fu pagato per rimanere a casa. Era un corridore schivo che non
faceva sfoggio delle sue vittorie e che, forse per questo, non riuscì mai a
creare un grande entusiasmo fra le folle dei tifosi. Il suo nome va comunque
iscritto nel libro dei grandi campioni del ciclismo mondiale.
Più vicini a noi
ricordiamo due grandi ciclisti del passato, Bartali e Coppi, la cui attività fu
in parte interrotta dalla guerra. Il loro modo di correre e la loro
competitività aveva creato un entusiasmo diffuso fra gli italiani che si erano
divisi fra i tifosi dell’uno e dell’altro.
Le corse ai tempi
di Girardengo erano più suggestive perché le strade erano più impervie, piene
di buchi e di sassi e le montagne molto più dure da scalare. Le forature erano
frequenti e l’assistenza scarsa od assente. Dietro alla sella i corridori
tenevano copertoni e camere d’aria per ogni evenienza. La velocità a quei tempi
credo che raggiungesse poco più dei venti all’ora. Niente di confrontabile con
le velocità do oggi, grazie ai miglioramenti delle strade e delle tecnologie
delle biciclette.
Un altro mio
ricordo va ad Ottavio Bottecchia che vinse per due volte il giro di Francia.
Non ricordo con precisione gli anni in cui vinse. Erano comunque gli anni in
cui in Italia imperversava la dittatura fascista e mi sembra di ricordare che
si fosse trasferito in Francia per sfuggire alle persecuzioni del regime. Fu
trovato morto accanto alla bicicletta lungo la strada su cui si stava
allenando. Sembra che sia morto per le botte e le percosse ricevute, forse come
tanti altri antifascisti raggiunti dalla violenza fascista in Italia ed in
Francia.
Il ciclismo è
sempre stata la mia passione e forse se sono ancora vivo a quasi cent’anni lo
devo proprio alla bicicletta. Da giovane avevo comprato una bianchi da corsa
con la quale ho avuto uno scontro che mi ha provocato l’atrofia del nervo
ottico e , in seguito, la riforma dal servizio militare. Io sono del 13 e
quella classe fu falcidiata dalle guerre coloniali e dalla seconda guerra
mondiale.
Io ho partecipato
soltanto alla Resistenza e, con un po’ di fortuna, me la sono cavata anche in
quelle circostanze.
Leone Sacchi
21/05/2012
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