giovedì 9 gennaio 2014

ANNO 1943, XXI dell’era fascista


Eravamo all’inizio del 1943 e mio figlio frequentava la seconda elementare nelle scuole di Cibeno di Carpi.
La maestra Braghiroli era una zitella, fanatica  fascista. Quando a scuola faceva lezione si infervorava a parlare del Duce e delle sue imprese per ore. Un giorno durante un dettato fece una pausa tanto lunga che mio figlio, quando la maestra riprese il dettato, mise un punto e ricominciò a scrivere con la lettera maiuscola. Alle rimostranze della maestra lui rispose che le pause lunghe nel dettato richiedevano il punto. La maestra probabilmente si sentì offesa e gli diede un ceffone. Noi sapemmo dell’accaduto soltanto perché, quando Corrado ritornò a casa, dopo varie ore, aveva ancora in faccia il segno dell’anello. Ma questa è soltanto una digressione per illustrare il carattere della maestra ed il clima di quegli anni.
L’episodio che voglio raccontare è un altro.
Un giorno mio figlio torna a casa da scuola dicendo che la maestra Braghiroli, chiedeva soldi alla famiglie dei suoi scolari per permettere all’Italia di vincere la guerra. La gente di solito in questi casi, per non avere grane ed evitare persecuzioni, dava il meno possibile, ma qualcosa dava. Noi invece ci rifiutammo e facemmo sapere alla maestra che per noi la guerra prima finiva e meglio era per tutti. La maestra non si arrese e venne anche a casa nostra per convincerci a versare un contributo per questa giusta causa.
Ma la vita è piena di sorprese e a volte è anche  beffarda.

Suo fratello, che a quei tempi, dopo essere stato un noto squadrista, era presidente della cooperativa birocciai, fu prelevato dai fascisti e fucilato insieme ai 16 della piazza Martiri. Il perché non mi è noto. Mi sembra che circolasse voce che facesse il doppio gioco.  Sta di fatto comunque che era presente sulla piazza, mentre i fascisti facevano i preparativi della fucilazione dei 15 ostaggi.  Quando il plotone di esecuzione si schierò, il Braghiroli, si dice che abbia appoggiato la giacca e si sia messo fra i condannati, senza opporre resistenza alcuna, come se si trattasse di una sua scelta. A guerra finita, quando reincontrai la Braghiroli, ci abbracciammo senza nessun commento sul fanatismo fascista e sulle tragiche conseguenze che aveva portato all’Italia ed anche ai tanti che ci avevano creduto.

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