domenica 12 ottobre 2014

LA MIA E LA NOSTRA SOLITUDINE
     Forse io sono fra i beati che alla mia età hanno la fortuna di battere sulla mia inseparabile Olivetti i miei pensieri ed anche la fortuna di suonare sul violino quello che mi esce ancora dal cervello poiché la vista non mi consente più di leggere il mio repertorio. Comunque sia mi ritengo fortunato ed anche soddisfatto. Queste condizioni penso siano utili ed anche indispensabili nella vecchiaia per sentirsi ancora partecipi, perché ci danno energia per la sopravvivenza e ci aiutano nel cammino finale della nostra vita.
     Voglio qui raccontare una storia vera che mi ha raccontato un mio amico  del Villaggio Due Madonne. Suo padre era ricoverato in un istituto di Bologna ed aveva sempre intorno a sé molti amici ai quali tutte le mattine raccontava sempre la stessa storia. Per essi era sempre nuova perché ogni volta se la dimenticano subito, ma anche così rimaneva un buon passatempo giornaliero.
     Mio figlio che da tempo si è volontariamente assunto l’incarico di editore dei miei scritti, che me li corregge, li scrive sul computer e  li spedisce ( anche se spesso non è d’accordo con me), ogni tanto protesta e mi dice basta, scrivi troppo. Forse lo dice perché anch’io ripeto le stesse cose, ma forse non comprende che questo mi aiuta a sollevare la solitudine dentro di me e mi aiuta ad andare avanti confermandomi che la vita è bella e degna di essere vissuta.

    Leonesacchibolgspot.it                            10/10/2014

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